PARCO E AUTODROMO: LABORATORIO AMBIENTALE

Sergio De Sanctis – Direttore Ricerca, Sviluppo e Innovazione Gruppo Sapio

Il Parco di Monza rappresenta una risorsa naturale apprezzata e conosciuta internazionalmente.
L’Autodromo di Monza è, probabilmente, un circuito tra i più famosi nel mondo, per la sua storia, il suo fascino e le sue caratteristiche di velocità.
La convivenza tra queste due differenti realtà non sempre risulta semplice e spesso è considerata una contraddizione.
Nella realtà, l’autodromo posizionato nel parco di Monza ricorda il simbolo della cultura orientale nel quale il tutto è compreso nella parte.
E’ una sorta di compenetrazione tra realtà contrastanti ma anche e soprattutto un ottimo paradigma delle contraddizioni che caratterizzano lo sviluppo sociale ed economico della nostra epoca.
Forse, partendo da una prospettiva più ampia, oserei dire planetaria, è possibile comprendere meglio questa realtà contrastante ed, al tempo stesso, la sua elevata potenzialità non del tutto esplorata.

Cercare di creare uno sviluppo compatibile è, forse, l’obiettivo principale di questa generazione, che si trova a dover trovare nuove soluzioni per uno schema di crescita coerente con le realtà dell’ecosistema in cui viviamo.
Non è una problematica nuova.
Uno dei primari bisogni per la vita è l’energia. La ricerca di nuove fonti energetiche per sopperire alla carenza ha caratterizzato ciclicamente la vita dell’uomo e ne ha modificato nel tempo l’evoluzione.
Così è stato per l’uomo primitivo che nella ricerca della principale fonte di energia (il cibo) ha modificato la sua struttura sociale (da cacciatore ad agricoltore); così col trascorrere dei secoli, l’uomo ha ricercato nuove fonti passando dall’utilizzo della legna, a quello del carbone, dal petrolio fino ai nostri giorni alla gestione del processo di fissione nucleare all’impiego del gas naturale.
Il passaggio da uno scenario energetico all’altro è quasi sempre stato dettato dal venire meno della fonte energetica “dominante”.
La “limitatezza” delle fonti primarie di energia ha di volta in volta caratterizzato l’evoluzione della società umana, con variazioni che hanno portato a vere e proprie “rivoluzioni” nel modo di vivere della specie umana.
Quasi tutti concordano che stiamo vivendo la transizione dallo scenario basato sulle fonti energetiche liquide (petrolio) verso lo scenario delle fonti energetiche gassose (gas naturale).
La figura che meglio rappresenta l’attuale situazione è quella sotto riportata.
E’ la curva che Hubbert elaborò per studiare l’andamento della capacità produttiva di petrolio “interna” degli Stati Uniti. I calcoli furono eseguiti nel 1956 e prevedevano che il punto massimo della capacità produttiva interna degli USA (noto anche come il “Picco di Hubbert”) si sarebbe raggiunto in un anno compreso tra il 1966 ed il 1972.

A posteriori si verificò che il “picco” fu raggiunto nel corso del 1970, anche se il sistema se ne accorse nel 1971. A partire da quella data gli USA non sarebbero stati più in grado di mantenere la loro indipendenza (per le produzioni petrolifere) ed avrebbero dovuto ricorrere ad importazioni da altri paesi produttori.
La stessa metodologia di calcolo è stata quindi applicata alla capacità produttiva di tutta la Terra: se già i calcoli per gli USA hanno generato discussioni tra gli esperti, quelli su scala planetaria stanno polarizzando l’attenzione di esperti e politici. La grande maggioranza, però, concorda che il punto massimo della capacità produttiva di petrolio nel mondo si dovrebbe posizionare nell’intervallo tra il 2010 ed il 2040.
Al di là degli aspetti metodologici, qui vale la pena evidenziare che, comunque, entro qualche anno la disponibilità della principale fonte di energia tenderà a decrescere con evidenti ripercussioni sul sistema macroeconomico e quello tariffario.
Ma, se il tema della reperibilità dell’energia non è nuovo, sicuramente nuovo è lo stretto legame con le tematiche ambientali.

Il riconoscimento dell’aggravarsi del fenomeno dell’”effetto serra” (fenomeno che ci ha permesso fino ad oggi la sopravvivenza, evitando di finire surgelati!) e le ipotesi di stretta correlazione tra le emissioni di anidride carbonica con l’aumento della temperatura media dell’atmosfera, hanno complicato il problema originario: non più soltanto ricerca di nuove sorgenti di energia ma ricerca di nuove fonti che possano garantire uno sviluppo compatibile con le esigenze del nostro ecosistema.
Molti esperti ci avvisano che non possiamo continuare ad aumentare la capacità di produzione di anidride carbonica, incrementando di conseguenza la concentrazione di questa in atmosfera.
Le curve riportate indicano come questa potrà aumentare nei prossimi decenni, in base a scenari che prevedono la limitazione alla sua produzione e scenari, invece, che non prevedono alcun intervento.
Il problema diventa molto più complesso di quello che i nostri antenati hanno affrontato nei secoli scorsi: non solo cercare nuove fonti di energia ma anche garantire uno sviluppo sostenibile senza aumentare la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera.
Un problema per nulla semplice a causa degli impatti e delle interferenze che esso comporta.

Lo scenario energetico, brevemente illustrato, mostra la necessità di intraprendere nuove strategie, nelle quali il principio di crescita coerente con le possibilità dell’ecosistema debba essere elemento di guida. Il tema è spesso trattato sui mezzi di informazione e divulgazione ed è, altrettanto spesso, strumentalizzato per dimostrare teorie tra loro contrastanti. Un elemento oggettivo di questo scenario è la forte correlazione – non sempre nota – che esiste tra ogni fattore, con la conseguenza di ridurre la capacità di modellazione e, quindi, la difficoltà a prendere decisioni in grado di introdurre significativi cambiamenti.
In uno scenario così complesso, la compenetrazione tra Parco di Monza e l’Autodromo di Monza si presenta come un’opportunità importante da valorizzare. Non è il caso, in questa sede, di elencare i valori sociali, economici e naturalistici che il Parco possiede e che gli sono universalmente riconosciuti. Analogamente, è inutile sottolineare il valore dell’Autodromo di Monza per il mondo delle competizioni internazionali e per tutto il mondo sportivo.
Si vuole, qui, cercare di evidenziare alcune altre peculiarità che, spesso, non risultano evidenti ad una prima analisi e che, invece, possono essere altrettanto significative. Si cercherà di elencarne alcune, senza poter entrare nel dettaglio richiesto, sperando, però, di innescare un aperto confronto ed un’approfondita analisi tra esperti di differente estrazione e competenza. La tesi dell’intervento può essere così riassunta: il Parco di Monza può essere realmente considerato un laboratorio – in scala reale – dove poter sperimentare – a rischio controllato – l’effetto di scelte strategiche per lo scenario energetico e per il modello di trasporto del futuro.
A differenza dei laboratori tradizionali, il Parco di Monza potrà sperimentare – a differenti dimensione di scala – nuove soluzioni, al fine di creare nuove conoscenze per la compatibilità e, laddove possibile, trovare soluzioni innovative per soddisfare la domanda intrinseca di energia.

In primo luogo, il Parco è una risorsa che gli esperti indicano come “CO2 sink” ossia pozzo di anidride carbonica: il mondo vegetale ha la capacità di assorbire l’anidride carbonica presente nell’atmosfera – mediante il processo di fotosintesi clorofilliana – liberando ossigeno.
Il Protocollo di Kyoto ha indotto una serie di strumenti finanziari per favorire tutti gli interventi tesi alla riduzione di anidride carbonica, tra i quali i cosiddetti “certificati all’emissione”. Con le sue caratteristiche, il Parco di Monza assume un altro importante valore “monetario”, che richiede accortezza nella gestione e nella valorizzazione.
Questa strada potrebbe essere intrapresa per cercare parte dei finanziamenti richiesti per intervenire a strutturare il “laboratorio Parco“.

Il Parco è anche un’importante fonte energetica: la produzione di biomassa vegetale dovuta alla corretta manutenzione periodica ha un valore energetico significativo.
Ci sono differenti modalità per valorizzare questa energia, con potenzialità di efficienza differenti fra loro. In particolare, uno degli obiettivi più importanti è quello di verificare la possibilità di non limitarne l’utilizzo alla sola produzione di calore ma anche e soprattutto alla produzione di energia elettrica e di altri vettori che possano trovare facile applicazione nel sistema dei trasporti.
Nel Parco di Monza sono presenti attività agricole ed allevamenti, con produzioni di liquami naturali. Anche questi elementi – dotati di significativo contenuto entalpico – possono essere inseriti in una logica di riutilizzo per valorizzarne il valore energetico e ridurne l’impatto sull’ambiente.
Questi sono i presupposti per realizzare una gestione integrata delle differenti fonti energetiche, in uno schema di BioRaffineria energetica, ossia la corretta ottimizzazione dei flussi energetici, con la minimizzazione degli scarti e degli sprechi.

Quella degli interventi di restauro nel rispetto delle esigenze di stile, in grado di introdurre risparmi energetici è una delle principali sfide per il recupero e la qualificazione dei centri storici delle città italiane.
Nel Parco sono presenti anche edifici di pregio artistico e storico – oltre alla splendida Villa Reale – non sempre correttamente valorizzati.
L’applicazione di sistemi passivi e/o sistemi attivi di risparmio energetico è molto spesso incompatibile con le esigenze artistiche e/o storiche dei manufatti. Anche in questo caso, si potrebbe proporre una sperimentazione di restauro degli edifici presenti all’interno del parco, con interventi multidisciplinari tesi al rispetto del valore e, nel contempo, al risparmio energetico.
Questa opportunità permetterebbe anche il recupero di finanziamenti per il restauro di questi manufatti ed il loro reintegro con le funzioni del Parco.

Le infrastrutture dell’Autodromo offrono ampie possibilità per la realizzazione di soluzioni innovative per la sperimentazione di mobilità a basso impatto ambientale.
Già oggi l’Autodromo è sede di studi e sperimentazioni di tecnologie innovative, che trovano applicazioni anche nella vita quotidiana, al di fuori del mondo sportivo.

La presenza di una “piccola città” all’interno del perimetro del circuito, è un elemento di grande interesse per la sperimentazione di nuove tecnologie di trasporto e di arredo urbano.
Si può citare, ad esempio, la possibilità di sperimentare:

  • i nuovi manti stradali con elementi catalizzanti, in grado di ridurre gli ossidi azoto nell’atmosfera
  • l’indagine dell’effetto albedo, da parte dei manti stradali “scuri” rispetto a quelli chiari
  • la produzione di nuove miscele di combustibili (idrogeno-metano, biometano, ecc.) da utilizzare per l’alimentazione dei mezzi di servizio all’interno del Parco
  • la gestione di flotte di mezzi elettrici e/o ad idrogeno per la mobilità ad emissione zero, all’interno dell’autodromo e del Parco stesso, rendendolo fruibile anche a chi ha problemi di deambulazione
  • la simulazione di strumenti di gestione del flusso del traffico cittadino, considerando la rete di strade ed incroci già presenti nell’Autodromo.

Questi sono solo alcuni esempi, ma la potenzialità delle infrastrutture dell’Autodromo sono realmente notevoli e non ancora del tutto esplicitate.

L’ultima considerazione che si vuole porre all’attenzione della discussione riguarda le infrastrutture proprie dell’Autodromo: le tribune e tutti gli edifici di recente realizzati, con importanti investimenti.
Queste strutture potrebbero essere la sede di una nuova Università focalizzata sulle discipline dello Sviluppo Sostenibile, dove integrare lo studio delle aree naturali e delle scienze dell’energetica e della mobilità.
Le strutture possono essere utilizzate in sinergia con l’utilizzo sportivo (che avviene spesso nei week end) senza creare interferenze all’operatività.
L’Università avrebbe il pregio di utilizzare il “laboratorio Parco” per la sperimentazione delle innovazioni e di offrire un campus unico al mondo per pregi artistici e naturalistici.
Sarebbe anche un’opportunità per dare un ruolo di prestigio scientifico anche alla stessa Villa Reale, integrandola nel più ampio progetto di lancio del “Laboratorio Parco di Monza”.

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